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Guida all'attenuazione dei pannelli solari nel 2025

· A proposito del fotovoltaico,Notizie sulla tecnologia fotovoltaica

Indice

  1. LID e consigli per ridurne l’impatto
  2. PID e consigli per ridurne l’impatto
  3. Invecchiamento naturale dei moduli fotovoltaici e suggerimenti
  4. Microcricche, hotspot e contromisure

Durante l’utilizzo, i pannelli fotovoltaici subiscono inevitabilmente una degradazione delle prestazioni, che si divide in iniziale e a lungo termine. I principali tipi includono degradazione indotta dalla luce (LID), degradazione da potenziale indotto (PID), hotspot, microcricche e invecchiamento dei materiali. Questi meccanismi sono strettamente legati a drogaggi, stress elettrici, carichi ambientali e struttura di incapsulamento. Se non controllati, influenzano direttamente le prestazioni a lungo termine e il ritorno dell’investimento dell’impianto fotovoltaico per azienda.

Le tecnologie N-type attuali (come TOPCon, HJT, IBC) hanno ridotto il tasso annuo di degradazione allo 0,35%-0,4% grazie a materiali e processi ottimizzati, meglio dei tradizionali moduli PERC. Per aiutare le aziende a individuare i rischi, scegliere i moduli adatti e configurare correttamente il sistema, questo articolo analizza i suddetti meccanismi, le differenze tecnologiche e le soluzioni consigliate, supportando la costruzione di impianti fotovoltaici industriali stabili e affidabili.

LID e consigli per ridurne l’impatto

La degradazione indotta dalla luce, nota come LID (Light-Induced Degradation), è un fenomeno iniziale che si verifica soprattutto nei moduli in silicio di tipo P. Si distingue in tre forme: LID da boro-ossigeno (BO-LID), degradazione da luce e alta temperatura (LeTID), e degradazione indotta da UV (UVID).

1. BO-LID (Degradazione da complessi Boro-Ossigeno)

La BO-LID è un meccanismo iniziale comune nei moduli P-type, dovuto alla formazione di complessi boro-ossigeno nel silicio drogato con boro. Avviene nelle prime ore o giorni dopo l’esposizione alla luce, causando una perdita di potenza del 2%-5%, a seconda del contenuto di ossigeno e della struttura della cella.

Questo effetto può essere ridotto usando silicio drogato al gallio o a basso contenuto di ossigeno. Il trattamento di ricottura tramite luce prima della consegna stabilizza ulteriormente le prestazioni iniziali. Dopo la fase iniziale, la degradazione passa a una forma lineare dominata dall’invecchiamento, con un tasso annuo tipico dello 0,35%-0,4%. Le celle N-type (es. TOPCon, IBC, HJT) sono naturalmente immuni alla BO-LID, garantendo maggiore uniformità e stabilità a lungo termine.

Alcuni produttori aggiungono una tolleranza di potenza positiva di circa +5% per compensare la LID, ma questa è valida solo in condizioni di test standard (STC) e ha un impatto limitato sulle prestazioni reali. La resistenza alla LID resta un indicatore chiave della qualità dei pannelli fotovoltaici.

2. UVID (Degradazione indotta da raggi UV)

Quando i moduli fotovoltaici sono esposti per lungo tempo ai raggi ultravioletti, si verifica una degradazione dei materiali superficiali, nota come UVID. La presenza di ossidi di silicio può portare alla formazione di strati di ossido di boro, riducendo l'efficienza. Questa degradazione può derivare da reazioni chimiche o rotture interne, compromettendo l'efficienza e la potenza in uscita.

Per contrastare l’UVID, i produttori utilizzano materiali resistenti ai raggi UV, migliorano i materiali di incapsulamento e testano l’invecchiamento accelerato per garantire la protezione a lungo termine.

3. LeTID (Degradazione da Luce e Alta Temperatura)

LeTID si manifesta sotto forte luce e alte temperature, causata da difetti nei materiali della cella. Questi difetti aumentano la ricombinazione dei portatori di carica e la resistenza, abbassando la potenza. A differenza della LID, la LeTID compare dopo 3–12 mesi di funzionamento, con una perdita potenziale del 4%–6%.

Senza adeguata prevenzione, LeTID può diventare un punto critico durante la garanzia. Per ridurre i rischi, è essenziale effettuare test di stabilità termica, ottimizzare i processi produttivi e migliorare i materiali, specialmente per impianti fotovoltaici per le aziende situati in ambienti caldi.

Grafico di confronto della temperatura

Consigli pratici:

(1)Preferire tecnologie di tipo N

La degradazione della potenza a lungo termine dei moduli dipende principalmente dalla struttura della cella. Le celle di tipo N, come TOPCon, HJT e IBC, non contengono complessi boro-ossigeno e sono quindi immuni alla LID (Light-Induced Degradation), garantendo migliore stabilità iniziale e affidabilità nel lungo periodo. Ad esempio, i moduli basati su tecnologia HJT presentano i seguenti valori di degradazione:

  • 1° anno: circa 1%
  • Dal 2° anno in poi: degradazione media annua di circa 0,35%
  • Totale in 30 anni ≈ 1% + 29×0,35% = 11,15%

Anche su un ciclo operativo di 30 anni, la degradazione complessiva può restare sotto il 12,6%, rendendo questi moduli ideali per progetti commerciali e industriali con esigenze di redditività stabile nel lungo periodo (fotovoltaico per le aziende).

(2)Attenzione alla struttura di incapsulamento

Radiazioni UV, umidità e ingiallimento dei materiali sono fattori chiave che accelerano la degradazione. È consigliabile scegliere moduli fotovoltaici con alta resistenza ai raggi UV, buon livello di tenuta e che abbiano superato test di affidabilità come IEC 61215.

(3)Comprendere la tolleranza di potenza

Alcuni moduli presentano una tolleranza positiva tra +3% e +5% sulla potenza nominale per compensare la degradazione iniziale, ma questo margine è valido solo in condizioni di test STC e non può sostituire le prestazioni in condizioni reali. Nella selezione effettiva, è meglio considerare i dati di degradazione misurati e le prestazioni in esercizio reale, soprattutto per un impianto fotovoltaico per azienda con orizzonte di lungo periodo.

Diagramma della struttura

PID e consigli per ridurne l’impatto

La degradazione da potenziale indotto (PID) è un fenomeno di invecchiamento che può manifestarsi dopo 4–10 anni di utilizzo dei pannelli fotovoltaici. È causata da una differenza di potenziale elettrico costante tra le celle e il telaio o il vetro del modulo. In presenza di alta temperatura e umidità, si verifica la migrazione di impurità come ioni sodio, che danneggiano lo strato isolante, compromettendo le prestazioni delle celle e riducendo la potenza in uscita.

Il PID è difficile da rilevare nelle fasi iniziali con l’occhio nudo o con monitoraggi ordinari. La diagnosi precisa richiede imaging EL o analisi della curva IV. In assenza di strumenti professionali, segnali come cali di tensione o correnti anomale nei string possono fornire un primo indizio. Senza interventi tempestivi, il PID può causare perdite cumulative di potenza fino al 20%–50% nel corso di pochi anni, con il rischio di contestazioni in garanzia.

La maggior parte dei produttori oggi utilizza materiali resistenti al PID e ha ottimizzato i processi per ridurne il rischio. Tuttavia, i test condotti da enti terzi come PVEL indicano che, in condizioni estreme (alta tensione, forti sbalzi termici, umidità), il fenomeno può ancora verificarsi. È quindi cruciale prestare attenzione in impianti fotovoltaici per aziende di grande scala a terra.

Per ridurre il rischio PID, si consiglia di:

  • Preferire moduli con certificazione anti-PID, ad esempio quelli testati secondo la norma IEC 62804, con comprovata stabilità in condizioni di alta umidità e alta tensione.
  • Evitare configurazioni con troppe stringhe in serie che portano la tensione del sistema oltre i limiti. È consigliabile rispettare le soglie del convertitore per restare nel range di sicurezza.
  • Valutare l’inverter dotato di funzione di polarizzazione inversa, utile per mitigare l’accumulo di PID, particolarmente adatto a impianti fotovoltaici industriali su larga scala.
  • Considerare i dati di degradazione reali a lungo termine e scegliere prodotti con dati di prova certificati da terze parti.
Effetto PID

Invecchiamento naturale dei moduli fotovoltaici e suggerimenti

Oltre ai meccanismi di degradazione noti come PID e LID, i moduli fotovoltaici possono subire nel tempo un calo irreversibile delle prestazioni dovuto al degrado fisico o chimico degli strati di incapsulamento, del backsheet, del vetro o delle celle stesse.

Questo processo di invecchiamento naturale è particolarmente accelerato in ambienti caratterizzati da alte temperature, umidità elevata e forte esposizione ai raggi UV. Per evitare un deterioramento precoce della capacità di generazione, è fondamentale intervenire già in fase di progettazione, selezionando materiali resistenti e soluzioni strutturali adeguate per ogni impianto fotovoltaico per azienda.

Diagramma della struttura

Invecchiamento dei materiali d’incapsulamento

Lo strato d’incapsulamento dei moduli fotovoltaici è esposto ai raggi UV per lunghi periodi, con rischio di ingiallimento, crepe o perdita di adesione, riducendo la trasmittanza della luce. I materiali più comuni sono EVA, POE e le strutture composite a tre strati EPE (EVA+POE+EVA):

  • L’EVA è maturo a livello industriale ma ha una resistenza all’invecchiamento moderata;
  • Il POE offre una migliore resistività elettrica e barriera al vapore acqueo;
  • L’EPE combina i vantaggi dei due e rappresenta oggi la scelta principale nei moduli di fascia media e alta.

Sempre più produttori adottano incapsulamento completamente in POE o EPE per migliorare la stabilità e la resistenza alla degradazione in ambienti caldi e umidi, come nei impianti fotovoltaici industriali o nei progetti di fotovoltaico per imprese.

Degrado del backsheet

Il deterioramento del backsheet è una delle principali cause di degradazione nei moduli in fase avanzata, aumentando il rischio di infiltrazioni d’umidità, corrosione delle celle e perdite elettriche. I materiali di backsheet più diffusi sono PET, TPT (PET con rivestimento in fluoro) e PAPF con strato in alluminio. Le loro prestazioni determinano la stabilità a lungo termine del pannello fotovoltaico:

  • Il PET ha un costo contenuto, ma può idrolizzarsi in ambienti caldi e umidi, riducendo la tenuta dell’incapsulamento;
  • Il PAPF è eccellente come barriera al vapore acqueo, ma alcuni modelli presentano rischi di perdite elettriche, per cui è necessaria un’attenta valutazione;
  • Le strutture a doppio vetro offrono una trasmittanza al vapore vicina allo 0 g/m²·d, eccellente per la protezione da umidità e agenti atmosferici, adatte a progetti di medie e grandi dimensioni con elevate esigenze di stabilità.

Durante la scelta del modulo fotovoltaico, è essenziale considerare la compatibilità tra il tipo di backsheet e la tecnologia della cella. Le celle N-type come TOPCon e HJT richiedono maggiore trasparenza e integrità di incapsulamento: si raccomanda l’uso di backsheet compositi ad alta barriera e resistenza UV, oppure direttamente una struttura a doppio vetro.

Degrado delle celle solari

Essendo il cuore produttivo del modulo, la stabilità della cella solare determina le prestazioni complessive. I prodotti di qualità offrono una vita utile di oltre 25 anni e garanzie corrispondenti da parte dei produttori.

Tuttavia, in ambienti con alte temperature, elevata umidità e forte esposizione UV, la struttura dei materiali della cella può degradarsi. Questo porta a un aumento della ricombinazione dei portatori di carica, con conseguente calo dell’efficienza e della potenza di uscita. I segni di degrado includono microcricche, delaminazione delle griglie metalliche, e peggioramento della curva di attenuazione, spesso non rilevabili nelle fasi iniziali ma con impatti cumulativi sul rendimento a lungo termine.

Per migliorare la resistenza all’invecchiamento, i produttori devono continuare a ottimizzare la purezza del silicio, i processi di drogaggio e la struttura degli elettrodi. In fase di utilizzo, si raccomanda di mantenere i pannelli solari puliti, evitare ombreggiamenti e svolgere controlli periodici per rallentare la degradazione delle prestazioni.

Strato in vetro: supporto strutturale e protezione ambientale

Il vetro dei moduli fotovoltaici svolge un doppio ruolo fondamentale: supporto meccanico e barriera contro agenti esterni. È la prima linea di difesa contro polvere, vapore acqueo e urti. Le soluzioni più diffuse includono:

  • Vetro completamente temperato da 3,2 mm: alta resistenza agli urti e alla dilatazione termica, adatto a strutture mono-vetro con elevate esigenze di carico meccanico;
  • Vetro semi-temperato da 2,0 mm / 1,6 mm: maggiore planarità e minore tensione residua, ideale per la laminazione bifacciale, migliorando resa e uniformità ottica.

I moduli a doppio vetro, con vetro su entrambi i lati, presentano una permeabilità al vapore acqueo estremamente bassa (prossima a 0 g/m²·d), garantendo migliore stabilità e resistenza all'invecchiamento in ambienti umidi e caldi. Sono oggi tra le soluzioni preferite per l’incapsulamento di celle N-type, come nel caso dei moduli HJT, che richiedono elevata trasparenza e stabilità. I backsheet plastici tradizionali mostrano invece limiti nella barriera al vapore e nelle prestazioni ottiche, rendendo ancora più evidente il vantaggio strutturale del vetro doppio nei moduli fotovoltaici per aziende.

Anche il trattamento superficiale del vetro e il design antiriflesso influiscono direttamente sulla durabilità e trasmittanza nel tempo. È importante verificare che i vetri abbiano superato test di affidabilità ambientale come shock termici, nebbia salina e abrasione da sabbia.

Con il passare degli anni, l’invecchiamento naturale diventa una delle principali cause di perdita di efficienza. Si consiglia, nella fase iniziale del progetto, di valutare attentamente le condizioni ambientali e scegliere pannelli solari con struttura di incapsulamento stabile e supportata da dati reali, per garantire rendimenti costanti durante tutto il ciclo di vita del sistema.

Perché è importante considerare il tasso di degradazione dei moduli?

Una differenza anche solo dello 0,2% annuo nel tasso di degradazione può portare a un divario significativo nel lungo periodo. Ad esempio, confrontando moduli con una degradazione iniziale dell’1,5% e 0,4% annuo con moduli con 0,5% annuo, la differenza nella produzione totale dopo 25 anni può superare l’8%–10%, influenzando direttamente il ritorno sull’investimento.

Il tasso di degradazione non è solo un indicatore della qualità, ma rappresenta un fattore critico nella definizione della redditività complessiva di un impianto fotovoltaico per azienda.

IBC Pannelli Solari

Microcricche, hotspot e soluzioni consigliate

Durante l’uso, i pannelli fotovoltaici possono sviluppare microcricche che portano alla formazione di hotspot all’interno del modulo. Questi problemi derivano spesso da errori durante l’installazione, carichi eolici estremi o danni da trasporto. Sebbene inizialmente difficili da rilevare, tali difetti strutturali possono accelerare l’invecchiamento del modulo, ridurre la potenza in uscita e persino comportare rischi per la sicurezza.

Microcricche

Le celle solari hanno uno spessore medio di circa 160 micron e possono incrinarsi facilmente sotto urti esterni (calpestio, urti, carichi da vento) durante il trasporto o l’installazione. Le microfratture iniziali potrebbero non influenzare subito il funzionamento, ma con l’accumularsi di cicli termici e umidità, le crepe possono allargarsi, interrompendo i percorsi di corrente, aumentando la resistenza e ostacolando il flusso dei portatori di carica, causando così cali di potenza e surriscaldamenti interni.

Le microcricche persistenti riducono le prestazioni elettriche del modulo fotovoltaico e possono innescare hotspot. Quando la zona incrinata è soggetta a ombreggiamenti, sporcizia o infiltrazione di umidità, la corrente può interrompersi localmente, generando correnti inverse e surriscaldamento, accelerando così il processo di guasto.

L’industria ha adottato soluzioni come celle half-cut, multi-busbar e tecnologie shingled per migliorare la resistenza alle cricche. I moduli shingled, ad esempio, grazie alla sovrapposizione delle celle, evitano l’interruzione della corrente dovuta a crepe isolate. I moduli ad alte prestazioni come quelli di tipo IBC presentano elettrodi distribuiti sul retro e nessuna griglia frontale, garantendo maggiore resistenza alle cricche e migliore conducibilità ridondante.

Suggerimenti operativi

Per prevenire i rischi derivanti da microcricche, si consiglia di:

  • Scegliere prodotti con struttura ottimizzata, come moduli half-cut, multi-busbar o shingled, particolarmente adatti a progetti di fotovoltaico aziendale ad alta stabilità;
  • Seguire scrupolosamente le procedure durante trasporto e installazione, evitando carichi meccanici localizzati sui moduli;
  • Adottare controlli periodici mediante termografia infrarossa e analisi delle ombre, per prevenire hotspot derivanti da cricche invisibili.

Il coordinamento tra scelta del prodotto, corretta installazione e manutenzione predittiva permette di rallentare l’invecchiamento dei pannelli solari, migliorare la sicurezza e mantenere l'efficienza dell’impianto nel tempo.

modello di lumaca

Hotspot

La formazione di hotspot deriva solitamente dall’interruzione dell’uscita in una zona localizzata del modulo fotovoltaico, causando il passaggio forzato della corrente inversa attraverso la cella danneggiata nella stringa. Questo comporta la conversione dell’intera corrente in calore in quel punto, con un rapido aumento della temperatura locale che, se protratto nel tempo, può provocare carbonizzazione dell’EVA, fusione delle saldature, rottura del vetro o persino incendi.

Oltre alle microcricche, i fattori scatenanti più comuni includono escrementi di uccelli, foglie secche, strutture d’ombra, polvere accumulata o mismatch di corrente causati da errata selezione dell’inverter o dal cattivo funzionamento del tracciamento MPPT.

Con l’aumento della potenza degli impianti e della dimensione dei moduli, anche le perdite di efficienza e i rischi di sistema associati agli hotspot crescono. È quindi necessario prevedere contromisure già in fase di progettazione: scegliere componenti con risposta rapida di bypass, come interruttori MOS al posto delle tradizionali diodi, per interrompere rapidamente il flusso inverso durante un'ombreggiatura; usare moduli IBC, la cui struttura consente alla corrente di fluire orizzontalmente sul retro, mantenendo la conduzione anche in caso di ombreggiamento, e riducendo significativamente il rischio di hotspot; a livello di progetto, è importante prevedere analisi delle ombre, spazi di ventilazione adeguati e meccanismi di monitoraggio termografico per mantenere sotto controllo l’innalzamento di temperatura durante il funzionamento continuo.

Durante la fase operativa, è fondamentale pulire regolarmente i pannelli solari e rimuovere tempestivamente eventuali ostruzioni, per prevenire il surriscaldamento localizzato.

Suggerimenti operativi:

Per controllare efficacemente i rischi di prestazioni e sicurezza causati dagli hotspot, si consiglia:

  • Analizzare fin dall’inizio le potenziali zone d’ombra, evitando l’installazione di moduli sotto alberi, prese d’aria, aree soggette alla caduta di foglie o ombre di edifici;
  • In fase di selezione dei moduli, privilegiare prodotti dotati di risposta bypass rapida (come MOS integrati o moduli IBC con struttura ridondante contro hotspot), per ridurre i tempi di riscaldamento locale durante le ombreggiature;
  • Durante l’installazione, lasciare spazio sufficiente per la ventilazione e ottimizzare la disposizione per favorire la dissipazione termica;
  • In fase operativa, introdurre ispezioni termografiche e monitoraggio della temperatura, in combinazione con la pulizia regolare e la gestione delle fonti di ombreggiamento, per garantire una buona illuminazione e raffreddamento delle superfici.

Queste misure integrate permettono di ridurre sensibilmente la probabilità di hotspot, migliorando la stabilità e la sicurezza a lungo termine dei impianti fotovoltaici per aziende anche in condizioni di alta temperatura e ombreggiamento localizzato.

Per migliorare l’identificazione di microcricche e hotspot, si consiglia di eseguire periodicamente controlli dello stato del sistema con i seguenti metodi di test:

Hotspot (punti caldi)

L'aumento di temperatura causato dagli hotspot può comportare rischi di sicurezza come incendi. Per risolvere questo problema, Maysun Solar ha introdotto interruttori di bypass MOS nei moduli fotovoltaici della serie Venusun, sostituendo i tradizionali diodi di bypass. Questi interruttori reagiscono rapidamente ai cambiamenti nelle condizioni di luce, regolando in tempo reale il circuito per ridurre al minimo l’impatto dell’ombreggiamento sulle prestazioni del pannello solare.

Nella foto qui sotto, un installatore in Belgio sta montando un modulo Venusun Full Black da 410W. Clicca sull'immagine per scoprire tutti i dettagli del prodotto!

Maysun Solar VenuSun 390W-410W Nero integrale Pannello Monocristallino 210mm PERC 80 Celle

I moduli fotovoltaici IBC forniti da Maysun sono dotati di elettrodi metallici positivi e negativi posizionati sul retro della cella. Questo consente una conduzione stabile della corrente anche in condizioni di ombreggiamento.

L’assenza di griglie metalliche sulla parte frontale elimina il rischio di surriscaldamento localizzato causato dalla resistenza frontale, riducendo così in modo significativo il pericolo di hotspot.

Questa serie offre una garanzia di potenza di 25 anni: degradazione massima dell’1,5% nel primo anno e una degradazione lineare non superiore allo 0,4% ogni anno successivo. È particolarmente indicata per scenari commerciali e residenziali di fascia alta che richiedono una resa stabile nel lungo periodo — come nei progetti di fotovoltaico aziendale.

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